Salvare gli animali, aiutare gli uomini

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La Fondazione ARCA, acronimo di Animal Reasearch and Conservation in Action, nasce dall’idea di affidare a un ente no profit tutte le attività di pubblico interesse che il Parco Natura Viva svolge per salvaguardare gli habitat e gli animali dal rischio di estinzione. Tra queste annoveriamo la conservazione in situ, con la quale intendiamo la tutela delle specie animali nel loro ambiente naturale, alla quale però dobbiamo necessariamente combinare un interesse economico ed educativo da offrire alle popolazioni locali. In altre parole, siamo chiamati a creare i presupposti perché le popolazioni locali diventino delle sentinelle della biodiversità, dei custodi del patrimonio ambientale in cui abitano: si tratta di un principio che deve pervadere tutti i progetti che svolgiamo, siano essi in Italia, in Europa o nei paesi tropicali. E per lavorare a questo tipo di progetti in molte zone del Mondo, spesso ci appoggiamo a istituti prestigiosi, come università o altre fondazioni che già operano in quel settore.

PROGETTI IN CORSO – Un esempio emblematico è rappresentato da quanto avvenuto con il bisonte europeo, il più grande mammifero terrestre europeo, quasi scomparso dai suoli del nostro Continente: l’Università coinvolta nel progetto di reintroduzione in natura è stata quella di Udine, mentre la Fondazione con cui abbiamo cooperato anche in campo è stata Rewilding Europe. Il progetto non è ancora terminato ma oggi vive una mandria libera di bisonti europei sui Carpazi meridionali, che ogni anno viene alimentata con esemplari allevati negli zoo.

Se rimaniamo in Europa poi, ancor più vicino casa, troviamo un’altra specie che la dice altrettanto lunga su quanto la biodiversità del nostro Continente sia a rischio: il grifone. Si tratta di un progetto che ci vede coinvolti come partner in Friuli insieme alla Riserva Regionale Naturale del Lago di Cornino dove, grazie a un’esperienza nata dall’ornitologo Fabio Perco, si è potuta ricostituire una colonia alpina di grifoni che conta oggi i 200 esemplari. Anche in questo caso la cooperazione tra Parco Natura Viva che svolge l’allevamento e la conservazione ex situ (fuori dall’habitat naturale ndr) e la Fondazione ARCA che si interfaccia con gli ornitologi responsabili del progetto sul campo, diventa un alleanza importante per lo sviluppo dei progetti in corso.

Ma non solo Europa: altri progetti riguardano aree più lontane nel Mondo come il Madagascar in combinazione con l’Università di Torino, o l’Ecuador con Armando Castellanos, il maggior esperto di orso andino. La Fondazione ARCA è dunque in grado di integrare il progetto di conservazione sviluppato tra i sentieri del Parco Natura Viva, grazie ad un bagaglio di esperienze di prim’ordine di tutto lo staff che ha lavorato in questi anni.

L’ANTROPOCENE – Sappiamo che viviamo in quello che è stato definito il periodo dell’antropocene, ovvero l’era in cui l’uomo è la specie che, direttamente o indirettamente, ha pervaso tutti gli ecosistemi: esistono luoghi nel Mondo, come la fascia tropicale, in cui le popolazioni crescono tra i 70 e i 90 milioni di persone l’anno. Si tratta di intere popolazioni che hanno l’esigenza di guadagnarsi spazi per l’agricoltura e di cibarsi, utilizzando il proprio territorio spesso in maniera non sostenibile. Allora ci rendiamo conto che quando si elabora un progetto di conservazione, è necessario prestare un’attenzione particolare ai bisogni della popolazione locale, dalla quale non possiamo disgiungere la sopravvivenza degli animali.

Si tratta certo di una difficile sfida, ma ci sono dei casi in cui questa sfida è stata vinta: uno dei primi fu quello della Mata Atlantica, la foresta pluviale della costa brasiliana. In quel caso EAZA, l’Associazione Europea degli Zoo e degli Acquari di cui il Parco Natura Viva fa parte, riuscì a far passare una norma che rese obbligatorio per i contadini brasiliani di istituire dei corridoi forestali attraverso le coltivazioni, in modo da scongiurare l’isolamento degli animali che abitavano quei territori. Con quella norma, i contadini anziché frammentare la foresta, capirono che salvaguardarla prevedeva un incentivo economico un miglioramento anche della propria condizione di vita: fu uno dei primi progetti che vide la combinazione dell’interesse locale con la tutela della biodiversità.

Continuare a sfruttare in maniera non sostenibile gli ecosistemi naturali ci ha condotto in quella che gli scienziati hanno definito “la sesta estinzione di massa delle specie animali” e bisogna agire ora, per non mettere un’ipoteca di sopravvivenza irreversibile sulle generazioni future.

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