C’è chi festeggia il Carnevale fino al termine del martedì grasso e chi invece non dismette mai il “travestimento”: dall’Oceania al Sudamerica, il mondo è pieno di musi naturalmente mascherati, che utilizzano colori sgargianti e forme varie non solo per attrarre l’altro sesso, ma anche per dimostrare una “salute di ferro” o per mimetizzarsi. Di certo, la maschera serve agli uni per distinguersi dagli altri individui della propria specie in una sorta di “carta d’identità” personale.
“Il lupo grigio è un animale principalmente notturno e i colori che usa per la propria maschera facciale sono il bianco, il nero, il grigio e il marrone”, spiega Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca e conservazione del Parco Natura Viva di Bussolengo. “E se i colori lo aiutano da a essere meno visibile proprio di notte – in quanto predatore – la forma individuale diventa necessaria non solo perché i membri del branco si riconoscano tra di loro, ma soprattutto perché questi riconoscano sempre il maschio Alpha, guida dell’intero branco”.
Dall’Europa all’Oceania i colori virano verso toni più tradizionalmente “carnevaleschi” e tra gli uccelli, è facile trovare toni sgargianti che circondano becco e occhi. Ma ce n’è uno tutto nero tranne dal collo in su, che sfoggia un rosso e un blu invidiabile, corredato di elmo e barbigli: “E’ il casuario – prosegue Spiezio – che usa l’elmo per aprirsi varchi nella foresta e i barbigli come dei pendagli, che si ingrandiscono e si accendono durante la stagione riproduttiva”.
E se in Sudamerica la maschera bianca è prerogativa del maschio della scimmia saki che deve farsi riconoscere dalla femmina dal lontano fitto della foresta, in Madagascar “Re Julien” la usa per dare maggior forza alle proprie espressioni. “La comunicazione dei lemuri catta utilizza anche le espressioni facciali: le mascherine di questi primati giocano con le sfumature del nero e aiutano a produrre un messaggio davvero inequivocabile”. Toni mattone invece in Asia: “Al rosso mattone del corpo, il panda rosso risponde con una maschera bianca ben riconoscibile, che consente ai piccoli di individuare e riconoscere sempre la propria mamma per poterla seguirla nella foresta”, conclude Caterina Spiezio.
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