Da Bussolengo (VR) passando per Genova, Marsiglia, Barcellona, Valencia e poi nell’entroterra fino alla Sierra di Cazorla: 1.815 chilometri e due giorni di viaggio per raggiungere il cuore dell’Andalusia, dove Stelvio è stato reintrodotto in natura. Quando al centro di riproduzione della Fondazione Gypaetus l’auto si è dovuta fermare, il giovane avvoltoio nato 3 mesi fa al Parco Natura Viva di Bussolengo è stato trasbordato in una cassa e portato a spalla fino al sito di nidificazione. Da lì, calato in corda doppia in una sacca assicurata alle spalle di Enrique Àvila, tecnico del programma di conservazione degli uccelli necrofagi della Junta de Andalusia, ha guadagnato il suo nuovo nido: un incavo nella parete di roccia a 1.350 metri di altitudine, dove osano gli altri 38 esemplari reintrodotti dal 2013 a oggi, i loro 7 piccoli nati in natura e grifoni, aquile reali e capovaccai. Insieme a lui – primo gipeto italiano nato in un parco zoologico a compiere l’impresa – anche un esemplare proveniente dallo zoo di Berlino, entrambi della rete EAZA (European Association of Zoos and Acquaria) sotto l’egida della Vulture Conservation Fundation, dotati di gps, anello identificativo e decolorazione delle penne remiganti per meglio individuarli in volo.
“Stelvio rimarrà nel suo nuovo nido senza volare ancora per 3 o 4 settimane – spiega Cesare Avesani Zaborra, in viaggio insieme al resto dello staff – e nel frattempo verrà alimentato tramite un lungo tubo utile a fargli arrivare il cibo senza doversi calare in corda tutti i giorni. Poi un giorno deciderà di involarsi e far parte di quel contingente attuale che sta ridando speranza ad una specie scomparsa in questa zona negli anni ’80”. Per il “quebrantahuesos”, che in spagnolo indica la specializzazione di questo avvoltoio nel frantumare e nutrirsi delle ossa delle carcasse – “frantuma-ossa” appunto – purtroppo non va meglio nel resto dell’areale: in pericolo critico di estinzione secondo IUCN in Italia, si tratta di una specie in decremento ovunque a causa di avvelenamenti, distruzione dell’habitat, disturbo antropico e scomparsa degli ungulati selvatici di cui si nutre. Una condizione inversamente proporzionale all’importanza che il gipeto riveste nell’ecosistema: vero e proprio spazzino della natura, grande veleggiatore, previene la diffusione di malattie contagiose e controlla ampi territori al limite superiore della vegetazione arborea.
“L’obiettivo di questa reintroduzione non ha termine di tempo – conclude Avesani Zaborra – e prevede la nascita di una popolazione stabile e nidificante che possa un giorno congiungersi con quella del nord della Spagna e oltre i Pirenei. Per il momento ci occuperemo di capire quando il gps di Stelvio restituirà il segnale movimento: vorrà dire che il primo volo è stato spiccato”.