Se Sant’Antonio Abate non riuscirà a salvare la pecora Brogna dall’estinzione, ci proveranno gli uomini. Ospitandola ed allevandola nella fattoria del Parco Natura Viva di Bussolengo, insieme ad altri animali domestici che per secoli hanno servito i contadini in varie regioni del Mondo. Raccontando a generazioni di bambini perchè queste razze rischiano di scomparire, insieme al loro antico bagaglio di conoscenze rurali legate a stretto filo con gli unici territori in cui hanno abitato. E ricordando, nel diciassettesimo giorno di gennaio in cui si celebra il Santo protettore degli animali domestici, che la fortuna di Verona è dipesa in gran parte da una pecora.




I musi arruffati che ora zampettano tra le loro madri al Parco Natura Viva sono stati una tra le migliori garanzie sulla fortuna degli Scaligeri, indimenticati signori di Verona, che fino al 1500 hanno conosciuto un commercio tanto fiorente di lana brogna da far concorrenza al pregiato tessuto delle Fiandre. Duttile e dalla fibra morbidissima, molto più sottile rispetto ai filati delle razze locali più comuni, era richiesta ed esportata fino in Nord Europa. Sull’Adige erano posti i mulini per la pulizia del materiale grezzo che arrivava dalla Lessinia, la corporazione dei lanieri era tra le più importanti della città e la famosa loggia delle Sgarzarie, tuttora splendida cornice della Verona medievale, ferveva di compravendite. Oltre al fatto che quel luogo deve il proprio nome al più dialettale “scardasserie”, ovvero le carderie in cui si filava la lana. Un migliaio di metri più in quota le pecore brogne, che tanto lustro davano alla perla scaligera, tenevano aperti gli alti pascoli, permettevano la coesistenza tra l’uomo e il paesaggio rurale, offrivano alle genti di che sfamarsi e ne mantenevano le tradizioni. In due parole, custodivano la montagna e la sua biodiversità. Finché in città non è arrivato il baco da seta. E in quanto a merce pregiata, la lana brogna trovò un concorrente che la spedì in declino nei secoli a venire. Questo causò una diversificazione negli animali d’allevamento anche sulle Prealpi veronesi, dove arrivarono i bovini a prendere il posto degli ovini. E infatti, la fine della signoria scaligera (a causa di faide interne, beninteso, ma le coincidenze in storia non esistono soprattutto se si parla di sfortune commerciali) si data proprio sul finire del XVI secolo. Da lì in poi, la Lessinia racconta la storia di una pastorizia che dismette pian piano questa razza, fino ad arrivare al rischio di estinzione toccato nel decennio scorso. Eppure, grazie all’iscrizione degli alti pascoli della Lessinia nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici, un piccolo gruppo di allevatori riuniti nell’Associazione per la Promozione e la Tutela della Pecora Brogna ha ripreso in mano la fortuna di questa pecora. Che vive anche al Parco Natura Viva, perchè possa continuare a raccontare la sua grande storia ancora per molto tempo.