Sos leopardo delle Nevi, ne scompare uno al giorno

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Non c’è pace per il leopardo delle nevi, la specie iconica delle vette himalayane che combatte uno dei più aspri conflitti al mondo tra uomo e fauna selvatica. Nelle vallate e sugli altopiani dell’Asia centrale lo spazio dedicato all’allevamento del bestiame domestico si espande senza freni e nella Giornata Internazionale del Leopardo delle Nevi che cade oggi, lo Snow Leopard Trust restituisce un quadro drammatico: tra il 2008 e il 2016 gli esemplari uccisi sono stati tra i 220 e i 450 per ogni anno, con una media di un animale scomparso al giorno. Le perdite maggiori si registrano in Cina, alla quale seguono a stretto giro la Mongolia, il Pakistan e l’India. Per tutti, la caccia illegale rimane il nemico numero uno.
“Il leopardo delle nevi – spiega Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva di Bussolengo, partner italiano dello Snow Leopard Trust – è uno dei più elusivi tra i grandi felini, difficilissimo da monitorare da parte dei ricercatori in campo. Ad oggi, non si ha la certezza assoluta dei dati ma si stima la presenza di una popolazione totale che oscilla tra i 3.920 e i 6.390 esemplari, classificata come “vulnerabile di estinzione” da parte dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura”. Dove prima si estendeva lo spazio vitale di questa specie, oggi si allevano capi di bestiame. Tra questi ci sono le pregiate capre cachemere, la cui lana ha conosciuto un’impennata sul mercato orientale che non sembra diminuire. Pecore e capre selvatiche, prede elette del leopardo delle nevi, scompaiono insieme alla possibilità per questa specie solitaria di incontrarsi e riprodursi. “Proprio per la rapidità con cui l’uomo è in grado di provocare questi fenomeni – conclude Avesani Zaborra – diventa vitale per le specie a rischio conservare il proprio patrimonio genetico in ambiente controllato. Nudan e Samira vivono al Parco Natura Viva di Bussolengo e si conta su di loro per allevare esemplari che se sarà necessario, un giorno dovranno tornare a ripopolare le vette dell’Asia centrale”.

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